venerdì 22 febbraio 2013

L'ultimo voto (cap. 7 - FINE)

C’era un accordo, rimuginò Maurizio. E con il suo voto avrebbe fatto vincere il governo… ma proprio il governo, con i suoi errori, avrebbe dimostrato che aveva ragione l’opposizione. Partì deciso. «Beh, mi dispiace, ma io non sono d’accordo. Non potete costringermi a fare una cosa che non voglio fare. Io ho il diritto di…»
«Allora non ha capito, Zadra! Le stiamo parlando del bene della Federazione, non del suo», si spazientì Sparini. «Se crede che a me piaccia, questa storia... Ma non è questione di gusti personali. Con un inutile cinquanta per cento più uno, avremmo soltanto una merdosa vittoria di Pirro! Per quello che dobbiamo fare, per la medicina velenosa che dovremo dare a tutti, non possiamo fare affidamento solo su metà della popolazione o sui voti incerti degli astenuti. Dobbiamo essere pragmatici e pazienti, per poter introdurre i nostri cambiamenti. Dovremo essere più che intelligenti: dovremo essere disperati! E per fare questo dovremo utilizzare anche la collaborazione dei nostri avversari… Anzi, soprattutto la loro collaborazione.» Maurizio si tirò su a sedere per bene, usando tutta la forza che aveva in corpo. «Sì, ho capito. Può darsi che abbiate fatto tutti i ragionamenti giusti e che questo sia uno splendido piano per il futuro... Intanto, però, lei è l’unico signore del suo partito e dell'opposizione che ho sentito, e comunque sia non voglio finire sui giornali o peggio ancora sui libri di scuola per avere votato a cavolo e non come volevo io. Insomma, non voglio essere comandato.» «Comandato? Guardi che lei può fare come vuole», ribatté Sparini. «Se pensa di essere più intelligente dei migliori analisti politici che il paese abbia a disposizione…»
L’onorevole gettò la sigaretta in terra e prese un videofonino da una tasca interna della giacca. «Per quanto riguarda altri signori più autorevoli di me, l’accontento subito», disse, componendo velocemente un numero. «Pronto? Sì, sono Sparini. Il nostro uomo ha dei dubbi e desidera conferme.» Un leggero brusio dal parallepipedo nero e l’onorevole passò l’apparecchio a Maurizio. «Ecco a lei, Zadra. Le basta parlare con i segretari di Assistenza e Cooperazione, Democrazia Nazionale e Uguaglianza Per Tutti?»
Lo schermo del videofonino rimandava l'immagine di tre uomini dai volti tirati, fin troppo famosi.
Maurizio prese l'apparecchio e parlò con i segretari dei maggiori partiti del blocco di opposizione, che gli confermarono parola per parola le richieste di Sparini. Lui, che non se l’aspettava, disse ben poco. Frastornato com’era, borbottò molti “però”, “beh”, “forse”, “capisco”; ma la parola più importante che disse fu “no”.
Maurizio restituì il videofonino all’onorevole e quello lo usò per dire: «Sì... Sì... Va bene... Ho capito.» Sparini rimise il videofonino in tasca e guardò Maurizio insistentemente, come d’altronde fece anche il ministro Mariani. Il primo a cedere fu Maurizio, che disse: «Mi dispiace. Mi dispiace molto, ma... Questa faccenda per me è troppo grave e complicata. Non ci riesco ad affrontarla, mi dispiace.»
«Quindi che intende fare? Votare per l’opposizione?», chiese il Ministro dell’Informazione.
Maurizio si costrinse a mostrare fermezza. «Io non intendo fare niente. Resterò in questa stanza, oppure dentro casa mia, a curarmi. Questa volta non andrò a votare per nessuno. Sono in convalescenza, e per ora ci voglio rimanere.»
Sparini annuì senza manifestare alcuna emozione. Si limitò a dire: «Capisco. Lei se ne lava le mani.»
Maurizio preferì non ribattere niente, a disagio.
«Arrivederci, signor Zadra. Auguri per la sua convalescenza.»
Il ministro Mariani da parte sua fu ancora più sintetico. Disse soltanto: «Arrivederci», e seguì Sparini fuori della stanza.
* * *
Nel corridoio, seduti in due panchine separate, c’erano il dottor Luciani e l’infermiera giovane e carina, più due uomini in piedi, dall’aria efficiente e pericolosa.
Sparini e Mariani fecero segno al dottor Luciani di seguirli, mentre il dottore disse all’infermiera di entrare nella stanza di Zadra.
«E adesso?», chiese il rappresentante del governo al rappresentante dell’opposizione, a bassa voce.
«Adesso adottiamo il piano B, come era previsto in questo caso», rispose Sparini, guardando il dottor Luciani.
«La signora Vanni?», chiese il dottore, per avere conferma delle istruzioni già avute.
«Sì, la signora Vanni», confermò Sparini. «Zadra invece va rimesso a riposo.»
Il dottore annuì, per far capire che aveva capito, e si allontanò con passo spedito.
Sparini si accese con nervosismo un’altra sigaretta.
«Pensa che con questa Vanni avremo più successo?», chiese Mariani, mettendo in bocca una caramella dal forte odore di menta.
«Dal suo dossier risulta che ha bisogno di quattrini», rispose Sparini. Passò al ministro un foglio di carta ripiegato.
«Ah. Nell’incidente il marito è morto, e mentre lei era in coma la figlia è stata affidata a una zia… Poteva contare soltanto sulle entrate del marito, quindi non penso proprio che ci darà problemi», commentò Mariani.
Sparini annuì e il ministro Mariani si rilassò ulteriormente. Sparini annuì e il ministro Mariani si sbilanciò ulteriormente. «Era più adatto un uomo, per dare peso al voto, ma tutto sommato va bene lo stesso... Sicuramente non ci sarà bisogno del piano C, mio caro amico.»
Sparini aspirò con forza e le sue narici fumarono come se fosse un vecchio drago. «No. Penso di no», disse, a bassa voce. E più per se stesso che per Mariani aggiunse: «Esimio collega.»


[FINE] [autore Andrea Bellizzi]

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