venerdì 22 febbraio 2013

L'ultimo voto (cap. 7 - FINE)

C’era un accordo, rimuginò Maurizio. E con il suo voto avrebbe fatto vincere il governo… ma proprio il governo, con i suoi errori, avrebbe dimostrato che aveva ragione l’opposizione. Partì deciso. «Beh, mi dispiace, ma io non sono d’accordo. Non potete costringermi a fare una cosa che non voglio fare. Io ho il diritto di…»
«Allora non ha capito, Zadra! Le stiamo parlando del bene della Federazione, non del suo», si spazientì Sparini. «Se crede che a me piaccia, questa storia... Ma non è questione di gusti personali. Con un inutile cinquanta per cento più uno, avremmo soltanto una merdosa vittoria di Pirro! Per quello che dobbiamo fare, per la medicina velenosa che dovremo dare a tutti, non possiamo fare affidamento solo su metà della popolazione o sui voti incerti degli astenuti. Dobbiamo essere pragmatici e pazienti, per poter introdurre i nostri cambiamenti. Dovremo essere più che intelligenti: dovremo essere disperati! E per fare questo dovremo utilizzare anche la collaborazione dei nostri avversari… Anzi, soprattutto la loro collaborazione.» Maurizio si tirò su a sedere per bene, usando tutta la forza che aveva in corpo. «Sì, ho capito. Può darsi che abbiate fatto tutti i ragionamenti giusti e che questo sia uno splendido piano per il futuro... Intanto, però, lei è l’unico signore del suo partito e dell'opposizione che ho sentito, e comunque sia non voglio finire sui giornali o peggio ancora sui libri di scuola per avere votato a cavolo e non come volevo io. Insomma, non voglio essere comandato.» «Comandato? Guardi che lei può fare come vuole», ribatté Sparini. «Se pensa di essere più intelligente dei migliori analisti politici che il paese abbia a disposizione…»
L’onorevole gettò la sigaretta in terra e prese un videofonino da una tasca interna della giacca. «Per quanto riguarda altri signori più autorevoli di me, l’accontento subito», disse, componendo velocemente un numero. «Pronto? Sì, sono Sparini. Il nostro uomo ha dei dubbi e desidera conferme.» Un leggero brusio dal parallepipedo nero e l’onorevole passò l’apparecchio a Maurizio. «Ecco a lei, Zadra. Le basta parlare con i segretari di Assistenza e Cooperazione, Democrazia Nazionale e Uguaglianza Per Tutti?»
Lo schermo del videofonino rimandava l'immagine di tre uomini dai volti tirati, fin troppo famosi.
Maurizio prese l'apparecchio e parlò con i segretari dei maggiori partiti del blocco di opposizione, che gli confermarono parola per parola le richieste di Sparini. Lui, che non se l’aspettava, disse ben poco. Frastornato com’era, borbottò molti “però”, “beh”, “forse”, “capisco”; ma la parola più importante che disse fu “no”.
Maurizio restituì il videofonino all’onorevole e quello lo usò per dire: «Sì... Sì... Va bene... Ho capito.» Sparini rimise il videofonino in tasca e guardò Maurizio insistentemente, come d’altronde fece anche il ministro Mariani. Il primo a cedere fu Maurizio, che disse: «Mi dispiace. Mi dispiace molto, ma... Questa faccenda per me è troppo grave e complicata. Non ci riesco ad affrontarla, mi dispiace.»
«Quindi che intende fare? Votare per l’opposizione?», chiese il Ministro dell’Informazione.
Maurizio si costrinse a mostrare fermezza. «Io non intendo fare niente. Resterò in questa stanza, oppure dentro casa mia, a curarmi. Questa volta non andrò a votare per nessuno. Sono in convalescenza, e per ora ci voglio rimanere.»
Sparini annuì senza manifestare alcuna emozione. Si limitò a dire: «Capisco. Lei se ne lava le mani.»
Maurizio preferì non ribattere niente, a disagio.
«Arrivederci, signor Zadra. Auguri per la sua convalescenza.»
Il ministro Mariani da parte sua fu ancora più sintetico. Disse soltanto: «Arrivederci», e seguì Sparini fuori della stanza.
* * *
Nel corridoio, seduti in due panchine separate, c’erano il dottor Luciani e l’infermiera giovane e carina, più due uomini in piedi, dall’aria efficiente e pericolosa.
Sparini e Mariani fecero segno al dottor Luciani di seguirli, mentre il dottore disse all’infermiera di entrare nella stanza di Zadra.
«E adesso?», chiese il rappresentante del governo al rappresentante dell’opposizione, a bassa voce.
«Adesso adottiamo il piano B, come era previsto in questo caso», rispose Sparini, guardando il dottor Luciani.
«La signora Vanni?», chiese il dottore, per avere conferma delle istruzioni già avute.
«Sì, la signora Vanni», confermò Sparini. «Zadra invece va rimesso a riposo.»
Il dottore annuì, per far capire che aveva capito, e si allontanò con passo spedito.
Sparini si accese con nervosismo un’altra sigaretta.
«Pensa che con questa Vanni avremo più successo?», chiese Mariani, mettendo in bocca una caramella dal forte odore di menta.
«Dal suo dossier risulta che ha bisogno di quattrini», rispose Sparini. Passò al ministro un foglio di carta ripiegato.
«Ah. Nell’incidente il marito è morto, e mentre lei era in coma la figlia è stata affidata a una zia… Poteva contare soltanto sulle entrate del marito, quindi non penso proprio che ci darà problemi», commentò Mariani.
Sparini annuì e il ministro Mariani si rilassò ulteriormente. Sparini annuì e il ministro Mariani si sbilanciò ulteriormente. «Era più adatto un uomo, per dare peso al voto, ma tutto sommato va bene lo stesso... Sicuramente non ci sarà bisogno del piano C, mio caro amico.»
Sparini aspirò con forza e le sue narici fumarono come se fosse un vecchio drago. «No. Penso di no», disse, a bassa voce. E più per se stesso che per Mariani aggiunse: «Esimio collega.»


[FINE] [autore Andrea Bellizzi]

lunedì 18 febbraio 2013

L'ultimo voto (cap. 6)

Maurizio si ribellò immediatamente. «Come sarebbe a dire? Io non ho mica detto che voterò per lui!» Mariani annuì e sollevò le mani in modo conciliante. «Non si innervosisca, signor Zadra, e invece ci ascolti con attenzione. E’ per questo che abbiamo qui anche il collega di Assistenza e Cooperazione. Quello che le chiediamo, glielo chiediamo nell'interesse generale, di tutti quanti. E dunque, non di meno, anche nell’interesse dell'opposizione, che è completamente d'accordo.» Maurizio guardò il rappresentante del maggior partito di opposizione. «Quello che dice Mariani è vero», confermò Sparini. «Anche noi le chiediamo di dare il suo voto al governo attuale.» Maurizio era sconcertato. «Ma perché? Per quale motivo?» Sparini tirò fuori da una tasca un pacchetto di sigarette al mentolo e se ne accese una con calma. Aspirò una boccata di apparente benessere e disse: «Il governo ci sta lasciando un’eredità economica e politica fallimentare e un buco nelle casse dello Stato impressionante.» Il ministro Mariani sorrise. «Caro collega…» L’onorevole Sparini non lo fece proseguire. «Mi lasci dire, Mariani. Lasci stare. La situazione internazionale è un disastro, con gli americani e gli inglesi che tirano da un lato, i francesi e i tedeschi da un altro. L’appoggio militare che abbiamo assurdamente fornito a parti in conflitto tra loro in medio oriente e in Africa è ancora peggio. Degli accordi capestro, conclusi con il governo russo e col governo cinese in cambio di indebitamenti sconsiderati, non ne parliamo… Ormai la pezza di stoffa con cui coprivamo alla bell’e meglio la nostra economia malata è disseminata di buchi. Contiamo sempre di meno, nel mondo, e persino il governo albanese ha cominciato ad alzare la voce con noi.» Sparini aspirò un’altra profonda boccata. «Far fronte a questo disastro imminente con un unico voto di maggioranza, sarebbe un suicidio politico, in questo momento. Se a comandare fossimo noi, qualsiasi decisione dovessimo prendere per contrastare un tracollo in gran parte ancora nascosto al pubblico, con sacrifici e rinunce terribili da fare ingoiare a forza ad ogni elettore, brucerebbe tutto il consenso che siamo riusciti a recuperare negli ultimi mesi... E questo non ce lo possiamo permettere.» «Ma perché? Che cosa dice?», protestò Maurizio. «Con questo ragionamento, aspettare ancora vorrebbe dire solo far peggiorare la situazione!» Sparini non esitò neanche un secondo. «C’è un accordo con Pontelungo. Gli lasciamo altri sei mesi. Cominceranno loro ad applicare un nuovo regime di austerità e di tassazione più rigoroso, che sconcerterà i loro elettori. Fra sei mesi esatti ci sarà un’altra crisi ufficiale del governo, ma questa volta sarà definitiva. Dimissioni per ragioni di salute del Presidente Federale, scioglimento delle camere, nuove elezioni. Noi prevediamo che da qui a sei mesi Slancio Vitale perderà più della metà degli elettori e che l’opposizione riuscirà a raggiungere oltre il 70 per cento dei consensi. Pontelungo, da parte sua, ci darà da subito una mano diminuendo fino a zero la sua presenza in video e le dichiarazioni alla stampa. In modo da preparare la sua scomparsa, definitiva e irrevocabile, dalla scena.» «Il presidente comprende che è tempo di un passaggio di consegne in tempi ragionevoli», concesse il ministro Mariani. «Gli animi si sono scaldati troppo, in queste settimane di competizione.» «Già. Apprezziamo la presa di coscienza del presidente e dei suoi alleati», diede atto il rappresentante dell’opposizione, senza guardare altro che il fumo della sua sigaretta, sospeso nell’aria.

venerdì 15 febbraio 2013

L'ultimo voto (cap. 5)

Al “particolare” finale, detto con una certa soddisfazione finale dal ministro Mariani, probabilmente convinto di aver fornito la migliore giustificazione possibile, Maurizio Zadra rispose con un’espressione di evidente sconforto. Sparini provò a intervenire a sua volta. «C’è un sacco di gente», fece presente, «che pagherebbe l’anima, per trovarsi nella sua attuale condizione.» «La gente è la gente, e io sono io, se lei permette», ribatté Maurizio Zadra, spazientito, e questa volta fu Sparini ad alzare le mani in segno di pace. Il ministro e l’onorevole lasciarono che il loro elettore riflettesse in santa pace, mentre ogni tanto il rumore di qualche apparato medico evidenziava in modo inquietante il progressivo trascorrere del tempo. «Scusate, ma perché non utilizzate il voto di quelli che si sono astenuti?», sbottò alla fine Maurizio, che cominciava a sentirsi logorato. Il responsabile del partito Assistenza e Cooperazione lo guardò fissamente. «Quei voti non vanno bene, Zadra. Si tratta di gente che non ha voluto andare ai seggi elettorali. A noi serve qualcuno che invece non ha potuto.» «Ma che sciocchezza! Rifate le elezioni fra qualche giorno, no? In questo modo, tra l’altro, sarà tutto più regolare.» «Ci vorrebbe più tempo di un paio di settimane, e noi non l'abbiamo. Tutto il paese è in ebollizione. Ha idea della crisi economica che stiamo attraversando? Del pericolo di disordini? Della scontentezza generale? Non riusciamo più a tenere la massa nell’incertezza del risultato elettorale. Ci serve il suo voto subito, per dare un vincitore e un vinto alle belve potenziali che aspettano qui fuori.» «E vincere o perdere per un voto solo, invece? Pensate che la gente farà salti di gioia?» Questa volta Sparini preferì guardare da un’altra parte. «Chi perderà accetterà la vittoria dell’avversario per scongiurare la catastrofe di uno scontro muro contro muro. Con umiltà e facendo un passo indietro, nell'interesse superiore della Federazione. Ci sono troppi rischi per la tenuta dell'ordine. Ora come ora, siamo tutti convinti che questa sia la scelta migliore.» Anche Mariani era d’accordo. Maurizio lo vide annuire con aria seria. “Troppi rischi per la tenuta dell'ordine”, si ripeté stordito Maurizio, e cercò di avere a disposizione un maggior numero di dati. «E’ ancora Pontelungo, il capo del governo attuale?» Toccava a Mariani rispondere, ma prima pregò il dottor Luciani, che era ancora presente, probabilmente insieme all’infermiera, di uscire dalla stanza. Rimasti solamente in tre, il rappresentante del governo si schiarì la voce, raddrizzò la schiena e dichiarò in maniera ufficiale: «Il Presidente Federale è ancora Saverio Pontelungo, signor Zadra. E grazie al suo voto di domani mattina, la sua presidenza verrà riconfermata un’altra volta.»

mercoledì 13 febbraio 2013

L'ultimo voto (cap. 4)

«Ah», si lasciò sfuggire anche Maurizio, come aveva fatto l'onorevole Sparini poco prima; però il suo «Ah» non aveva alcuna nota di ironia. «Quindi, con il mio voto, insomma... Avete detto che vincerà il governo oppure l’opposizione.» «Esattamente», confermò il ministro Mariani sorridendo, e con un sorriso ancora più convinto aggiunse: «Pensi che grande soddisfazione... Lei ha il potere di stabilire chi governerà il paese per i prossimi sette anni!» Maurizio aggrottò la fronte, sorpreso. «Non erano cinque?» «C’è stato un piccolo colpo di mano da parte del governo», spiegò con palese ironia l’onorevole Sparini, e il ministro Mariani precisò: «Una correzione necessaria della legge, per assicurare un tempo più ragionevole a chiunque dovrà mettere in atto importanti e complesse azioni di governo per la Federazione. Lo sottolineo di nuovo: a chiunque.» «Ah», non poté evitare di ripetere Maurizio. Sparini sospirò, come se avesse già detto queste cose moltissime volte. «Che due schieramenti politici prendano lo stesso preciso numero di voti, penso che sia più improbabile che vincere alla Superlotteria due volte di seguito. Però è successo, e purtroppo in diretta. Visto che qualche intelligentone, sia nelle file del governo che di una certa opposizione, ha pensato di pretendere un collegamento diretto e visibile a tutti, giorno per giorno e minuto per minuto, col nuovo Centro Elaborazione Dati dell’Ufficio Elettorale Federale. Costo ufficioso del nuovo impianto: 45 milioni.» Sparini si concesse un profondo respiro. «Per questo ci serve il suo voto. Perché il maggioritario assoluto e questo accidenti di Voto Elettronico Certificato, disgraziatamente concordati dall’opposizione e dal governo, sono già costati una montagna di quattrini... E questo non è proprio il momento più adatto, per mandare in bestia 37 milioni di elettori.» Maurizio era colpito. «Ma la gente lo sa che i voti sono esattamente pari?» «Lo sanno, lo sanno», confermò Sparini. «E sanno pure che dipende tutto dal suo ultimo voto.» Maurizio impallidì vistosamente. «Cosa? Mica conosceranno il mio nome?» «Il suo nome no, ma il governo si è premurato di informare… puntualmente l’opinione pubblica e i mass media», confermò il ministro Mariani, con il solito sussiego. «Tutti sono al corrente che da diversi mesi è stata avviata una terapia speciale di recupero per una persona in stato di incoscienza post traumatica... E tutti stanno aspettando con più che legittima impazienza che venga comunicata la sua perfetta guarigione.» L’onorevole Sparini si sedette sul bordo del letto di degenza. «Il fatto è che tutte le fasi di conteggio dei voti sono state trasmesse secondo per secondo sui teleschermi di tutte le emittenti nazionali ed internazionali, per non parlare di Internet... Un pasticcio con i voti come quello che ci è capitato adesso si è verificato solamente in America, ai tempi del presidente Bush, ma questa volta la situazione è ancora più ingarbugliata. C’è mezzo mondo, lì fuori, che vuole vedere come andrà a finire.» «Ma tutti quanti saprebbero per chi ho votato, scusate! Così si infrange la segretezza del voto», si lamentò Maurizio. «Beh sì, certamente!», confermò Mariani con un entusiasmo quasi giovanile, visto che considerava questo aspetto della faccenda con un’ottica radicalmente diversa. «E di conseguenza lei diventerà popolarissimo. Tutti i mass media italiani e stranieri vorranno conoscerla e intervistarla!» «Ma non mi interessa! Io non ci tengo affatto a diventare famoso. E poi c’è il diritto alla privacy e alla riservatezza, santa miseria! Avrò diritto alla tutela della mia vita privata, no?» Il Ministro dell'Informazione recuperò un’espressione estremamente seria, probabilmente anche un po’ offesa. «Nessuno mette in dubbio i suo diritti, signor Zadra. Lei voterà protetto dalla discrezione di una inviolabile cabina elettorale. Magari fuori del seggio ci saranno molti giornalisti e molti curiosi, ma dentro, glielo assicuro, lei avrà la stessa privacy di ogni altro cittadino che è andato già a votare.» «E capirai! Non appena avrò consegnato la mia scheda, lo sapranno tutti benissimo, in che modo avrò votato!» Il ministro sollevò le mani per difendersi. «E' solamente un dato matematico, frutto di un calcolo mentale che nessuno può impedire. La conseguenza inevitabile e, democraticamente parlando, non censurabile, di una situazione dei voti assolutamente… particolare.»

lunedì 11 febbraio 2013

L'ultimo voto (cap. 3)

«Esattamente uguali?» «Sì. Esattamente uguali. 18.612.411 voti da una parte e 18.612.411 dall’altra. Ormai l’ho imparato a memoria.» Maurizio cercò di assimilare l’informazione. «Ah, i voti per le elezioni. Perfettamente uguali. In effetti è molto strano… Però, scusate, io cosa c’entro? Nemmeno lo sapevo che si dovevano fare le elezioni.» Il Ministro dell’Informazione sorrise con ancora più enfasi. «Caro signore, lei è rimasto privo di conoscenza per ben quattro mesi. E durante questo consistente periodo di… intervallo c’è stata una gravissima crisi di governo che ha richiesto, non essendoci soluzioni migliori, le elezioni politiche anticipate. Alle quali, ovviamente, lei non ha potuto partecipare.» «Quindi il suo voto può fare vincere l’opposizione oppure il governo», tagliò corto Sparini, «e questo è il famoso motivo per cui siamo venuti proprio da lei, signor Zadra.» Il ministro dell’opposizione fece un bel respiro con evidente soddisfazione. «Per chiederle il voto.» I due politici fissarono l’uomo nel letto senza aggiungere altro. La spiegazione sembrava conclusa. Se di spiegazione si poteva parlare. Maurizio Zadra ne prese atto, con un disagio che andava crescendo. Di secondo in secondo, la sensazione di una fregatura galattica diventava sempre più forte. Un po’ per prendere tempo, un po’ per farsi valere, Maurizio disse: «Potremmo togliere questa musica di sottofondo, per favore? Sta cominciando a darmi fastidio.» Il ministro Mariani alzò un sopracciglio, sorpreso. «Mozart? Davvero lo trova fastidioso? I medici lo hanno scelto apposta per il suo potere curativo e rilassante.» «Infatti sto molto meglio, grazie. Ora però ne farei volentieri a meno, se non vi dispiace.» «Va bene. Se lei dice che le dà fastidio…» Il ministro Mariani fece un segno con la mano destra, e la musica di sottofondo si spense all’istante. «Fatemi capire. Io sono rimasto in coma addirittura quattro mesi?», chiese Maurizio, che non si sentiva per niente convinto. «Giorno più, giorno meno. Oggi è il 24 aprile e lei ha perduto conoscenza, vediamo…» Il ministro Mariani aprì la cartella clinica che aveva poco prima aveva controllato anche il dottore. «Il 3 gennaio. Di ritorno da una festa a casa di amici, pare.» «Bella festa davvero! Però, scusate, se sono stato in coma per così lungo tempo, non dovrei sentirmi più… scombussolato?» «C’è coma e coma», osservò il ministro. «E poi, diciamo che le è stato dato un aiutino.» «Che genere di aiutino?» Dall’ombra in fondo (e finalmente Maurizio Zadra si rese conto di quanto fosse fioca, invece che accecante, la luce nella stanza) rispose la voce del dottore. «Per essere precisi, abbiamo utilizzato un’avanzata tecnica di “Recupero Intensivo Controllato” delle facoltà interattive primarie e secondarie. Le sue sinapsi e…» «Lasci stare, dottore, per favore», lo interruppe l’onorevole Sparini. «Sarebbe un discorso troppo tecnico e soprattutto troppo lungo. Quello che il dottor Luciani le voleva dire è che per curarla e rimetterla perfettamente in sesto sono state adottate nuove terapie mediche di grandissima efficacia, già molto diffuse nei paesi scandinavi e assolutamente all’avanguardia per sicurezza, velocità di guarigione, eliminazione del dolore e così via dicendo. Adesso però, appurato che lei si sente bene e che il dottor Luciani conferma il suo perfetto stato di salute, vorrei che ritornassimo sul punto essenziale della conversazione, per favore.» L’onorevole fece salire al massimo la tensione. «Il suo voto, signor Zadra. Ci serve il suo voto per sbloccare queste maledettissime elezioni.»

sabato 9 febbraio 2013

L'ultimo voto (Cap. 2)

Ora accanto al letto di Maurizio erano rimaste solo le altre due persone. Anche il viso del secondo arrivato, poco cordiale, gli sembrò familiare. Dovevano avere intuito a cosa stava pensando, perché il primo visitatore disse: «Mi dica, signor Zadra, lei ha capito chi siamo noi?» «Beh, ecco… Effettivamente ho l’impressione che forse ci siamo già conosciuti, ma non ricordo dove.» Il secondo visitatore tagliò corto. «Il signore alla sua destra è il Ministro dell’Informazione, Mariani, di Slancio Vitale, a rappresentanza del governo, e io sono il responsabile per la mobilitazione unitaria di Assistenza e Cooperazione, a rappresentanza dell’opposizione.» Fece una pausa e disse il suo nome. «Sparini». “Cavoli”, fu la prima cosa che venne in mente a Maurizio, “è proprio vero che le persone vengono meglio, in tv.” Comunque disse: «Ah, ecco. Mi sembrava che i vostri visi… Però, scusate un attimo, come mai siete qui? Insomma, voglio dire, come mai siete venuti qui da me?» L’onorevole Sparini fece un grosso sospiro, ma non rispose; il Ministro Mariani, invece, sorrise bonariamente e disse: «Vede, caro Zadra, è successa una cosa davvero… insolita e assolutamente non prevedibile. Per certi versi anche piuttosto buffa, oserei dire, pensando a quanto ingegno e a quante risorse sono state spese per realizzare un sistema di votazione… perfetto.» L’onorevole Sparini, che probabilmente non apprezzava molto la ricerca delle parole adatte da parte del suo collega, manifestò una certa insofferenza. «Andiamo avanti, per favore», esortò. L’altro sollevò una mano e disse: «Lasciamo al signor Zadra il tempo di assimilare.» Maurizio era perplesso. Sarà stata colpa dell’incidente che aveva subìto, ma continuava a non capire che cosa stava succedendo. E infatti disse: «Scusate, ma non riesco a capire che cosa succede.» Il ministro Mariani sorrise in modo ancora più rassicurante. «Niente di grave, signor Zadra. Anzi, lei ha la possibilità, per non dire il privilegio… speciale, di poter fornire un aiuto prezioso al governo.» «Ah!», si lasciò sfuggire l’onorevole Sparini. A Maurizio sembrò che l’«Ah!» di Sparini avesse una certa valenza ironica, ma il Ministro dell’Informazione non gli diede tempo di rifletterci più di tanto, perché ribadì lo stesso concetto con ancora più forza: «Lei può dare un aiuto… irripetibile alla Federazione, caro signore.» «In quale modo?», chiese Maurizio, un po’ preoccupato. «Vede, per quanto la tecnologia possa affinarsi e diventare sempre più… esatta, la possibilità di un intoppo imprevisto, di una possibilità non calcolata, è sempre in agguato.» L’onorevole Sparini sbuffò di nuovo. «Insomma», concluse Mariani, «è capitato che il conteggio elettronico del voto degli elettori è andato in pari. Esattamente in pari.» Pausa ad effetto. «E quindi adesso ci troviamo tutti in una situazione molto imbarazzante. Di stallo totale.» Pausa di nuovo. «Non ho capito», ammise Maurizio, confuso. «Mi dispiace, ma non ho capito.» «Ma insomma, che c’è da capire?», sbottò Sparini. «Stia bene a sentire: il succo è che tre giorni fa ci sono state le elezioni politiche, con il conteggio dei voti in diretta, e alla fine dei calcoli, quando i cervelloni elettronici hanno dato i risultati totali, i voti per il governo e l’opposizione sono risultati esattamente uguali. Pari pari!»

giovedì 7 febbraio 2013

L'ultimo voto (cap. 1)

Le prime percezioni della realtà arrivarono sotto forma di note. Pacate note musicali che poco per volta si trasformarono in musica, pianoforte, archi vibranti. «Si sta svegliando», sussurrò una voce, e Maurizio fece un respiro più ampio e batté con fatica le palpebre, perché la luce negli occhi gli dava fastidio. «Va tutto bene, dottore?», disse qualcuno. «Sì. Si sta riprendendo benissimo. I valori sono tutti regolari.» Che bella musica, pensò Maurizio muovendo un po’ la testa, un po’ le gambe, un po’ la schiena. «Signor Zadra?» Il pianoforte è uno strumento meraviglioso, pensò ancora. Batté nuovamente le palpebre, per aprirle davvero, ed entrò ancora più luce. Non c’era solo la musica e… «Signor Zadra, ben tornato.» Il signor Zadra sono io, pensò Maurizio, mettendo meglio a fuoco ciò che vedeva. Un viso lo stava fissando. Sorrideva. «Va tutto bene, signor Zadra. E’ in un ospedale e questa è la signorina Cristina, la sua infermiera.» Nel suo campo visivo entrò un altro viso sorridente, questa volta di donna. Un bel visino giovane e cordiale, una bella musica, una stanza di ospedale... A questo punto Maurizio si preoccupò davvero. «Cos’è successo?», chiese, provando a spostarsi un po’ di più. «Stia tranquillo. Va tutto bene», ripeté l’uomo accanto all’infermiera, mentre la ragazza gli toccava una mano con dita morbide e protettive. Anche lei disse: «Va tutto bene», continuando a sorridere, ed effettivamente non avvertiva nessun dolore. «E’ stato male, ma adesso è tutto passato. Si trova all’ospedale San Corrado e io sono il dottor Luciani. Lei si è appena ripreso da un lungo periodo di recupero.» «Recupero? Recupero da cosa?» «Da un incidente automobilistico. Ma ora è tutto passato.» «Un incidente automobilistico?» La cosa lo sorprese e lo mise di nuovo in allarme. «Ed ero solo?» «Sì, era da solo. Nella sua macchina, intendo dire. Nell’altra macchina invece erano in quattro, ma anche loro stanno tutti bene. Non si preoccupi, a parte lei nessuno si è fatto male.» Maurizio aggrottò la fronte e provò a tirarsi su per mettersi a sedere. Non era facile, però. Nonostante l’immediato aiuto della bella infermiera, che gli diede sostegno, non riuscì a tirarsi su come voleva. Per ora era davvero troppo faticoso. Riprese fiato. «E di chi è la colpa dell’incidente?» «Dell’altra vettura. Un grosso fuoristrada sportivo. Sembra che abbia fatto un sorpasso molto azzardato e la sua auto, purtroppo, ci è andata di mezzo.» «Ah. Beh, allora un po’ di male avrebbero potuto farselo anche loro», osservò Maurizio. «La giustizia non è di questo mondo», dichiarò con solennità un’altra voce. Dal fondo della stanza, quasi completamente buio, qualcuno si avvicinò al dottore. «Gli posso parlare, adesso, dottor Luciani?» Il dottore annuì. «Va bene, ma mi raccomando: senza esagerare.» Maurizio guardò il nuovo arrivato e il nuovo arrivato ricambiò lo sguardo. Maurizio non era fisionomista, ma quel volto gli sembrava conosciuto. «Buonasera, signor Zadra. Come si sente? Meglio?» «Sì. Direi di sì. Mi sento molto fiacco, ma non sto male.» Cercò di spiegarsi meglio. «E’ come se mi fossi svegliato dopo una fortissima influenza.» Tentò nuovamente di tirare il corpo un po’ più su, guadagnando un centimetro o due. «Mi mancano le forze, però non ho nessun dolore.» E detto questo si sentì in dovere di fare un mezzo sorriso di rassicurazione. Anche il nuovo arrivato sorrise. «Bene. Ne sono felice.» Dall’altro lato del letto, un’altra persona disse: «Vogliamo arrivare al dunque?» Maurizio girò lo sguardo, un po’ sorpreso. Da quella parte del letto ricordava solo l’infermiera carina. Ma quanta gente c’era? «Un momento solo di pazienza», osservò il dottore. «Magari il signor Zadra sente il bisogno di riposare.» «Io?», disse Maurizio, quasi sorpreso. «No, non c’è problema. Adesso mi sento bene.» Il primo visitatore guardò il dottore con espressione interrogativa. Il dottore alzò una palpebra di Maurizio e gli osservò con calma il fondo dell’occhio, gli tastò il polso per sentire il battito e controllò diversi fogli che l’infermiera gli porse. «Va bene. Può sostenere una conversazione», concluse, «ma mi raccomandando di non esagerare». Quindi con discrezione arretrò verso l’oscurità sul fondo, e insieme a lui sparì anche l’infermiera.