sabato 25 luglio 2015

Piani diabolici

Il dottor White ridacchiò soddisfatto, guardandosi intorno con le mani poggiate sui fianchi.
L’obiettivo della microcamera era nascosto benissimo, lontano dalla doccia vetrata. La vaschetta con dentro il serpente era pronta. Il meccanismo che prima faceva scorrere la piastrella e poi la rimetteva al suo posto funzionava da Dio.
Il momento di agire era alla fine arrivato. Il meritato trionfo era a portata di mano.
Il dottore guardò in direzione della microcamera, perfettamente occultata, e mosse la mano destra in segno di cordiale saluto. Quell’efficiente aggeggino gli permetteva di controllare tutto a distanza e, al momento giusto, di passare all’azione.
Per l’ennesima volta ripassò mentalmente il suo piano diabolico.
1: sua moglie Ethel entra dentro la doccia (come ogni sera, prima di andare a dormire) e lui, clic, attiva il comando a distanza.
2: la piastrella sopra la doccia si abbassa ad angolo retto e la vaschetta con dentro il serpente (un esemplare di Pseudonaja Textilis, per essere esatti) crolla di sotto.
3: la doccia è piccola, il contatto non si può evitare: un istante dopo l’impatto il serpente (dal brutto carattere) istintivamente morde che gli capita a tiro.
4: lui attivava un altro tasto del comando a distanza. La porta della stanza da bagno si chiude da sola.
5: quando la moglie, riversa per terra, non si muove più da un sacco di tempo, lui fa un ultimo clic sul comando a distanza e la porta del bagno ritorna sbloccata.
Voilà, il gioco è fatto.
La polizia cosa avrebbe trovato? Un’indifesa donnina defunta, in compagnia di un serpentaccio ben vivo.
Dato che erano in un giardino zoologico pieno di bestie pericolose, che c’era di strano se qualcuno era fuggito da una gabbia fetente per rifugiarsi in un appartamento ospitale?
Non c’era nessun motivo perché gli investigatori si mettessero a cercare altro. E tanto meno a controllare ogni centimetro della superficie di un bagno. Estremamente logico e razionale. Praticamente perfetto. Era orgoglioso di sè.
A questo punto poteva anche Immaginare i titoli dei giornali: “Direttrice dello zoo di Rosenville uccisa dal morso di uno dei suoi serpenti”, “La povera vittima tradita dalla sua passione per gli animali”. E soprattutto: “Il dottor Christopher White, marito amorevole e valente veterinario, sconvolto dall’inatteso dolore”.
Ahimé, com’è crudele il mondo.
Ora doveva soltanto allontanarsi il più velocemente possibile e a una giusta distanza. Il tempo e lo spazio erano fondamentali, per garantirsi un alibi come si deve, e la sua casetta in campagna sarebbe stata perfetta. Con tanti vicini a disposizione, avrebbe avuto anche degli ottimi testimoni.
Avere buoni rapporti, con un buon numero d’imbecilli, è certamente una comodità.
Il dottor White sorrise talmente tanto che dovette chiudere gli occhi. Quando sarebbe stato libero completamente, chissà che altre cose fantastiche avrebbe potuto inventare.
Perché la cara consorte, priva di estro creativo, non aveva mai condiviso la sua passione per i congegni meccanici e le strutture complesse. Secondo lei occupavano spazio, ne occupavano troppo. Così lui aveva preso i suoi giochi ingegnosi e li aveva portati nella casa in campagna. E li si era sbizzarrito, per ricompensarla a dovere.
Ancora gongolava, appena fuori l’appartamento-ufficio che divideva con quella palla al piede della sua consorte, quando qualcosa di enorme lo stramazzò per terra e lo fece rapidamente a pezzi.
Si trattava di Altaj, una tigre siberiana di duecentosettanta chili, che per misteriosi motivi lo detestava da sempre.
Come sapeva benissimo chi dirigeva da anni il giardino zoologico.


[autore Andrea Bellizzi]

venerdì 17 luglio 2015

Mi ami?

“Mi ami?”, chiese Claretta.
“Sì”, rispose Anton Giulio.
“Ma, mi ami davvero?”, chiese Claretta.
“Sì. Certamente”, rispose Anton Giulio.
“E quanto è grande, il tuo amore?”, chiese Claretta.
“Beh, è senza fine”, rispose Anton Giulio.
“E, faresti qualunque cosa, per me?”, chiese Claretta.
“Sì, certamente. Tutto”, rispose Anton Giulio.
“Allora, ruberesti anche, se te lo chiedessi”, disse Claretta.
“Anche a mia madre”, disse con voce profonda Anton Giulio.
“E magari, uccideresti, anche?”, chiese Claretta.
“La mia intera famiglia e tutti i miei amici”, disse con voce convinta Anton Giulio.
“Quindi faresti tutto, per me”, concluse Claretta.
“Sì. Te l’ho detto. Tutto”, confermò Anton Giulio, quasi commosso.
“Beh, allora odiami. Perché mi sono innamorata di una altro”, disse, con decisione, Claretta.
Anton Giulio dovette pensarci sopra. “Cosa?”
Claretta lo fissò intensamente. “Mi sono innamorata di un altro. Non ci posso far niente”.
Due giorni prima, una manciata di ore appena, Claretta aveva detto di amarlo intensamente. Usando, per esattezza, queste parole: “Sai, ti amo davvero tanto. Non ho mai conosciuto un uomo dolce e tenero come te.”
Anton Giulio dovette pensarci sopra. Un altro poco, almeno. “Come?”
“E non guardarmi con quell'aria da vittima!”, si spazientì Claretta. “Io, non ti amo, più!”, scandì con estrema chiarezza. “La nostra storia è finita.” Pausa piuttosto aggressiva. “La colpa non è di nessuno.” Pausa un po’ più conciliante.
“Ah”, pensò Anton Giulio, provato.
La mente a spasso, il corpo lasciato a sé, il braccio destro partì con un pugno, teso.
Claretta cadde elegantemente al suolo.


[autore Andrea Bellizzi]

Maledetta estate

"Maledetta estate", pensò Luigi, asciugandosi il sudore che gli impastava il collo.
"A lavorare così, finirò col farmi scoppiare il cuore".
Il bagaglio da sistemare perdeva litri di sangue, che non si poteva lasciare a languire. Per non parlare di quanta fatica occorreva, a impacchettare tutto per bene.
Forse sarebbe stato meglio fare come desiderava suo padre, il conducente di un autobus. Comodamente seduto ad osservare il mondo dall'alto. Con il carattere storto che si ritrovava, però, prima o poi avrebbe steso qualche automobilista arrogante o qualche pedone sventato. Non ricavandoci altro che riprovazione e sanzioni.
Almeno, in questo modo, veniva apprezzato e pagato.
"Pazienza", sospirò a bassa voce, quindi tirò fuori dalla sua valigetta tutto ciò che serviva per fare a pezzi il bagaglio e per ripulire la zona.


[autore Andrea Bellizzi]